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INTERVISTA DELLE RAGAZZE DEL CENTRO GIOIA
(Fame di Gioia, Maggio 2009)
Sei ambizioso in ambito professionale?
Si, mi piace conoscere strategie terapeutiche nuove e fare esperienze nel sociale, ad esempio ho fatto volontariato in Abbruzzo ora che gli abitanti dell’Aquila sono stati colpiti dal terremoto.
Sei gratificato dal tuo lavoro?
Si, anche se è molto faticoso, è un lavoro che implica molte energie, la sera mi capita spesso di essere stanco e di non essere con la mia famiglia al 100%. Sono però appassionato da questo mio lavoro e tutte le gratificazioni che ricevo compensano bene la stanchezza.
Che impatto hai avuto con il centro per la cura dei disturbi del comportamento alimentare?
Ho sentito una forte carica emotiva e una gran voglia di sperimentarmi con i giovani.
Ti sei mai affezionato a qualche tua paziente ?
Mi affeziono facilmente a tutte sul piano terapeutico, ma questo dipende anche dalla durata del trattamento. In gran parte dipende anche dalla paziente: se si supera un problema insieme creiamo un legame maggiore perché la paziente si affida di più.
Cosa provi quando una tua paziente ti lascia?
Mi dispiace e succede quando non si crea un’alleanza terapeutica o perché non è pronta ad affrontare una determinata problematica che è emersa.
Come ti senti quando ti trovi di fronte a qualcuno che non vuole capire ? Che si rifiuta di stare meglio e non riesce a superare i problemi o ha molte resistenze?
Sicuramente provo dolore, dispiacere e tristezza. Mi domando se potevo fare di più.
Come colmi questo senso di tristezza?
Ogni paziente ha la sua storia, comunque cerco di analizzare e riflettere sulla singola situazione.
Qual è il male di oggi che ci fa perdere la retta via?
Credo riguardi legami di attaccamento nelle varie fasi di crescita, la mancata padronanza di se stessi, la crisi di valori, e le varie crisi che possono accadere nella vita, ad esempio un lutto o una perdita in generale (anche di un progetto o di un sogno).
Perché l’amore finisce?
Molte persone si separano ma non è detto che l’amore finisca.
Come si può preservare l’amore dall’abitudine?
E’ importante tener presente che la coppia ha bisogno dei suoi spazi, tempo, ascolto e disponibilità materiale ed emotiva.
L’impulsività ha un significato solo negativo?
Si, perché manca la riflessione ed è anche diversa dalla spontaneità, che al contrario per me significa autenticità.
E’ giusto reagire subito se qualcuno ci ferisce?
Sarebbe meglio in alcune circostanze confrontarsi subito, in modo assertivo, anche se io preferisco farlo in un secondo momento per calmarmi un po’.
Cos’è la vita per Antonello?
Se devo dare una risposta immediata dico che è un dono, va vissuta in maniera salutare, prendendosi cura di sé. E poi una cosa che mi ha insegnato mio padre è cercare di trasmettere il sorriso alle persone che soffrono.
Hai mai seguito dei modelli?
Modello in assoluto: mio padre che mi ha insegnato molte cose, e oggi che non c’è lo è ancora di più.
Come hai metabolizzato la perdita di tuo padre?
Non so se sono riuscito ancora a metabolizzarla, mi aiuta molto parlare di lui e ricordarlo soprattutto con i miei figli che non lo hanno conosciuto (il maschietto in parte).
Quali sono i difetti di Antonello?
Quando ricevo un torto grave che riguarda i miei affetti, i miei cari, faccio fatica a perdonare. Sono anche un po’ vendicativo, purtroppo.
Sei possessivo?
No
Geloso?
Un po’ dei miei affetti.
Hai sogni? Quali?
Ne ho tanti….. un’utopia: vorrei che i popoli non fossero più in
Guerra, che non esistesse più la disuguaglianza e che la gente non morisse più per carestia.
Il sogno personale?
Anche questi sono tanti. Vorrei vedere mia moglie sereni e miei figli sereni e realizzati; mi piacerebbe fare il giro del mondo e ultimare la costruzione della mia nuova casa dove andarci ad abitare il prima possibile.
Ami te stesso?
Ho fatto molta fatica ad amarmi. Dopo dieci anni di psicoterapia su me stesso,per difficoltà dovute a perdite importanti, oggi ho capito ancora di più quando è importante la frase “IO SONO”. E’ fondamentale crederci, non solo dirla. Oggi quando la dico sento che ha veramente valore, altrimenti non avrebbe senso pensare alla vita come un dono.
Qual è la cosa che ti piace di più nelle persone?
L’autenticità e l’allegria.
Ti è piaciuto fare volontariato?
Si, mi è piaciuto moltissimo.
Come ti senti in questo momento?
All’inizio ero molto emozionato. Ora mi sto rilassando perché sto dialogando con voi.
Chi è Antonello Chiacchio?
Sono una persona a cui non piacciono i pregiudizi, odio le ingiustizie, mi piace socializzare anche se sono una persona introversa.
Hai le mezze misure nelle cose?
Alcune volte si, anche se sono una persona molto passionale.
Lo vedi come un difetto?
No, a volte però rischio di prendere decisioni affrettate e se trovo vicino a me gente falsa mi arrabbio molto.
Sei aggressivo?
Anche. Amo le persone semplici non quelle presuntuose; spesso quando incontro persone poco autentiche il miglior modo per relazionarmi a loro è essere chiari o non considerarle importanti nella mia vita.
Cosa sono per te le banalità?
Sicuramente i pettegolezzi. Parlare degli altri in maniera gratuita, oltre che banale ritengo sia inutile.
Ti concedi a volte cose un po’ frivole?
Si spesso, servono a distrarmi anche se per tendenza mi concentro sulle cose più drammatiche come la sofferenza.
Nella vita sei una persona ambiziosa?
Si abbastanza soprattutto nell’ambito della conoscenza, ho sempre voglia di imparare e capire cose nuove.
Dove sei carente?
Nel disegno e nelle lingue straniere.
In amore bisogna completarsi?
I valori in comune sono importanti. E’ utile aumentare anche gli interessi ed possono essere diversi. La cosa fondamentale è la tolleranza.
Come sei con i tuoi figli?
Ho due figli di 8 e 5 anni. Sarebbe più giusto che fossero loro a dire come sono. Mi piacciono le regole, ma sono anche molto giocherellone. Più passa il tempo più mi sento responsabile verso loro. E’ molto più complesso il ruolo di genitore rispetto a quello di terapeuta. E’ fondamentale occuparsi di loro come faccio con voi nella psicoterapia per avere buoni risultati.
Cosa non hai trovato a Roma per scegliere di vivere in Basilicata?
Il principale motivo è il legame con la mia terra, le mie radici. Per me hanno un valore molto significativo. Non rappresentano un rifugio ma un luogo di appartenenza e di condivisione.
Questa intervista, questa conoscenza approfondita di una persona apparentemente misteriosa, per noi è stata fonte di ricchezza e stimolo, soprattutto perché è emersa la sua forte sensibilità, profondità e immensa UMANITA’.
Le Ragazze DEL CENTRO GIOIA anno 2009
GIOVANNA: COSA VUOL DIRE FARE UN PERCORSO PSICOTERAPEUTICO?
Io: Vuol dire voler conoscere, approfondire, comprendere, consapevolizzare e cambiare qualcosa di sé che porta ad una vita serena e felice e spesso non comporta vissuti e comportamenti disfunzionali e poco adattivi alla propria realtà esistenziale.
Si può scegliere di fare una psicoterapia perché si soffre di un disturbo d’ansia, di un disturbo dell’umore, di un disturbo anoressico o bulimico, di un conflitto intrapsichico o interpersonale, di una problematica di coppia, di una dipendenza (affettiva, da sostanza, da eccessivo lavoro), di un disagio su base emotiva e/o relazionale o si può fare un percorso psicoterapico anche per promuovere il proprio benessere personale migliorando la propria qualità della vita sul piano personale e professionale.
Tra gli obiettivi sostanziali della psicoterapia è necessario comprendere:
– la modifica delle condotte che hanno intaccato l’equilibrio psichico del soggetto e la crescita delle potenzialità della persona affinchè possa essere più consapevole di meccanismi di auto-accettazione e auto-affermazione che gli permettono di adeguarsi creativamente al contesto ambientale e di raggiungere un livello di soddisfazione, realizzazione e serenità personale e sociale.
ADA: COSA INCIDE SUL CAMBIAMENTO TERAPEUTICO DI UNA PERSONA IN DIFFICOLTA’?
IO: Il cambiamento personale è un viaggio, un passaggio, uno stato dinamico attraverso il quale la persona passa dalla situazione attuale ad una condizione desiderata attraverso la consapevolezza (cognitiva ed emotiva) e l’azione. Innanzitutto per avviare una buona terapia psicologica bisogna creare una sana relazione di aiuto e una buona alleanza terapeutica basata su: un accordo degli obiettivi iniziali, contemporanei e futuri, compiti che implicano un impegno reciproco e una sensazione orizzontale dove la responsabilità del lavoro è condivisa. Per avviare la costruzione di un’alleanza terapeutica è necessario fornire al paziente informazioni sugli incontri (quando, come, in che cosa consistono i colloqui etc), accogliere il paziente, porre domande aperte, incoraggiarlo ad esprimere il bisogno che lo ha condotto da noi, dare spazio al cliente per permettergli di raccontarsi e narrare le sue difficoltà dal suo punto di vista.
Per attuare un cambiamento personale è necessario:
1. Percepire il bisogno attraverso l’auto-svelamento e l’esplorazione.
2. Aprirsi a nuove possibilità attraverso risorse interne o esterne.
3. Sperimentare attraverso l’azione consapevole e l’assunzione dei rischi progressivi nuovi modi di pensare, comportarsi e interagire.
4. Elaborare i risultati attraverso l’auto-riflessività.
In questi passaggi incide molto la fiducia reciproca tra terapeuta e paziente, il livello di motivazione al cambiamento del paziente, la competenza in termini di flessibilità relazionale e di conoscenza del terapeuta, l’applicazione di strategie terapeutiche mirate al problema, un’efficace pianificazione degli obiettivi, una verifica processuale della terapia, un bagaglio di strumenti terapeutici personalizzati dal paziente durante il percorso e un maggior livello di consapevolezza del sé del paziente.
CLELIA: QUANDO UNA PERSONA ESCE DA UN DISTURBO DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE?
IO: E’ necessario valutare prima di ogni cosa il livello di gravità del disturbo sul piano organico e psicologico, quindi se ci sono condizioni di cronicità è molto più difficile e complesso guarire anche se una sana terapia multidisciplinare può essere un ottima modalità di intervento.
Valutare sul piano psicopatologico la persona che ha un disturbo del comportamento alimentare significa fare un assessment psicodiagnostico sul piano categoriale e dimensionale per capire se ci sono o non, disturbi di personalità significativi sul piano clinico (i più frequenti sono il disturbo bordeline, quello ossessivo compulsivo, quello evitante e quello dipendente). Dopo un’ attenta valutazione di personalità ciò che è importante verificare è il modo in cui la paziente si relaziona al cibo, quando e quanto mangia, che tipo di pensiero ha rispetto al suo peso e al suo corpo, se ha una sana autostima,come vive la vita sul piano relazionale, qual è il suo contesto familiare, quali sono le sue condizioni organiche, come riesce a soddisfare i suoi bisogni affettivo-relazionali. Se infatti una ragazza riesce a nutrirsi con serenità senza pensare che il cibo fa ingrassare, non ha più pensieri ossessivi sul cibo e non percepisce sensazioni di inadeguatezza corporea, non si isola dal gruppo dei coetanei, riesce a regolare l’impulso fisiologico della fame della sazietà, tende ad esprimere i suoi bisogni affettivi (amore, comprensione, rassicurazione, etc) e ha una composizione corporea nella norma allora si può affermare che non ha più un disturbo del comportamento alimentare.[/sed_wp_text_editor][/sed_module][/sed_row]
